PERCHÉ LA TORRE DI PISA PENDE E NON CADE?
Il campanile di Pisa che, insieme al Duomo (1063-1092), rappresenta uno dei più famosi esempi di architettura romanica in Italia, deve la sua celebrità al fatto che pende. Pur essendo, la pendenza, un fenomeno riscontrabile in molte torri medioevali, quella del campanile di Pisa è veramente eccezionale.
Certi particolari della costruzione dimostrano che la torre, iniziata dal Bonanno intorno al 1174, cominciò a sprofondare da una parte prima che fosse terminata: infatti l'angolo di inclinazione è, verso il basso, superiore all'angolo di inclinazione delle parti alte e ciò dovrebbe dimostrare che i costruttori, accortisi dello sprofondamento, tentarono di vincere o comunque di attenuare il cedimento «raddrizzando» la torre.
Lo sprofondamento della torre di Pisa, che ne ha fatto sì una notevole anomalia architettonica, ma anche un eccezionale richiamo turistico, si deve ad una falda freatica sotterranea che, abbassandosi, ha inclinato la torre in modo addirittura pericoloso.
Il «baricentro» (o centro di gravità) della costruzione non cade più nel centro della base ma si è spostato verso l'esterno. Dal momento che l'inclinazione in seguito allo sprofondamento è in costante se pur lento progresso, il centro di gravità si sposta lentamente: qualora cadesse fuori della base, la costruzione finirebbe per crollare.
Parecchi specialisti si sono prodigati per arrestare il progressivo cedimento della falda, iniettandovi cemento e riuscendo così a scongiurare temporaneamente il pericolo. Ogni anno, si può dire, vengono vagliati progetti e misure di sicurezza per prevenire la catastrofe e, prima o poi, (e noi speriamo in tempo!) si applicherà una cura radicale che ci preserverà indefinitamente questo magnifico monumento. Intanto la si osserva, nel suo precario equilibrio, con il fiato sospeso, mentre gli esperti ci tranquillizzano assicurandoci che «regge».
PERCHÉ SI RIESCE A FOTOGRAFARE SOTT'ACQUA?
Abbiamo già parlato di macchine fotografiche e di cineprese. Sappiamo che, essenzialmente, esse sono composte da un obiettivo (un sistema di lenti), una camera oscura e una pellicola fotosensibile che viene impressionata dalla luce, dai raggi luminosi provenienti dall'oggetto.
Volendo fotografare il mondo subacqueo, appare subito evidente l'impossibilità di utilizzare la macchina senza i dovuti accorgimenti: l'acqua, infatti, penetrerebbe nella macchina danneggiando irreparabilmente la pellicola.
Il primo e fondamentale accorgimento consiste nel racchiudere la cinepresa o la macchina fotografica in un involucro stagno. L'involucro deve portare, davanti, un oblò in corrispondenza dell'obiettivo. Il problema, dunque, sembrerebbe facilmente solubile. Ma l'esistenza dell'oblò apre altri problemi da risolvere.
L'immagine ottenuta attraverso un oblò piano si forma ad una distanza uguale ai tre quarti della distanza dell'oggetto, quindi il sistema di lenti che costituisce l'obbiettivo della macchina si rivela inadeguato e la messa a fuoco deve perciò essere corretta.
Per superare questa difficoltà si è inventato un sistema a due lenti: una esterna, sull'oblò, a contatto con l'acqua, l'altra all'apertura dell'obbiettivo. Il dispositivo è calcolato in modo da trasmettere l'immagine dell'oggetto senza ricorrere alla correzione della messa a fuoco.
Sezione di una cinepresa subacquea
PERCHÉ CON LA GRU SI RIESCE A SOLLEVARE ED A SPOSTARE NOTEVOLI CARICHI?
La «gru», macchina usata per sollevare carichi e trasportarli da un punto all'altro in orizzontale, deve il suo nome alla somiglianza del suo braccio mobile al lungo collo dell'animale omonimo.
A seconda della traiettoria che il carico sollevato può compiere, le gru si distinguono in girevoli e in scorrevoli, benché esistano anche combinazioni dei due tipi.
Nelle prime il braccio metallico che porta all'estremità l'organo flessibile (fune, catena e relativi ganci), ruota attorno ad un'asse verticale così che il carico può essere spostato da un punto all'altro della circonferenza descritta dall'estremità del braccio stesso.
Nelle gru scorrevoli, invece, l'organo di sollevamento è montato su un carrello che scorre su una o più guide, così che il carico può essere spostato lungo una retta parallela alle guide. Vi sono quindi moltissime combinazioni dei due tipi, dalla gru il cui carico può non solo descrivere una circonferenza ma può anche scorrere lungo il braccio e descrivere così circonferenze di minor raggio, alle gru con il braccio ad inclinazione variabile o alle gru montate addirittura su escavatori universali.
La gru, per sollevare pesanti carichi, utilizza semplici dispositivi. Il più semplice di tutti è l'argano. Nel carrello mobile, su un tamburo metallico messo in rotazione generalmente da un motore elettrico, si avvolge una fune. Questa è collegata attraverso il braccio della gru al carico che, in conseguenza dell'avvolgimento, si solleva. Un altro sistema di sollevamento è quello che impiega il paranco, un dispositivo composto da un certo numero di pulegge fisse e da un numero uguale, o minore di una unità, di pulegge mobili: una fune metallica e una catena collega opportunamente le pulegge fisse a quelle mobili e su di essa viene esercitata l'azione motrice. Il carico da sollevare viene saldamente agganciato alla struttura di supporto delle pulegge mobili che, costrette dalla fune e dalla catena a sollevarsi e ad avvicinarsi alle pulegge fisse, sollevano di conseguenza il carico.
Schema di gru girevole a pilone